COLLEZIONE GORI

Sol Lewitt

Sol LeWitt (Hartford, 1928 – New York, 2007)

L’amicizia tra le famiglie Gori e LeWitt nasce e si consolida nell’ambiente del Festival di Spoleto; infatti ogni luglio Pina e Giuliano assistono agli spettacoli in Umbria prima che Carol e Sol salgano per passare qualche giorno a conversare di arte nel giardino di Celle. L’artista conosce gli spazi della fattoria quando, nel 1985, inizia il restauro dell’edificio e, lo stesso anno, sceglie di intervenire nell’ex fienile con uno dei suoi Wall Drawings (WD#445), il cui uso dei colori è ispirato alla presenza di terracotta all’interno del salone e alle tegole dei tetti visibili dalle grandi vetrate. L’anno successivo nasce sulla parete opposta il WD#494, in omaggio alle tonalità presenti nell’opera Anello verde di Prato che nel frattempo Richard Long ha collocato sul pavimento. Nel 1998, invece, LeWitt esaudisce il desiderio dell’amico Giuliano di avere un’opera nel parco e crea il Cubo senza cubo. 

Nel 1993 avvengono due importanti eventi: la realizzazione del prezioso cofanetto CD del gruppo Contempartensemble (di cui un esemplare entrerà nella collezione design del MoMA). Nel corso degli anni Gori coinvolge l’artista in vari progetti: un lavoro interno (WD#736, 1993) e uno esterno (Torre irregolare, 1998) per il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato; Muro curvo (2002) in purissimo marmo bianco per la Biennale della scultura Città di Carrara; il WD#1126 (2004) per il Comune di Reggio Emilia nel soffitto della Biblioteca Panizza; il WD#1155 (2005-2006) per la sala d’attesa del Padiglione Emodialisi dell’Ospedale del Ceppo a Pistoia. Risale all’estate del 2004 il grande ciclo del WD#1122: nato come mostra temporanea a Casapeppe, i quindici fondi neri (metri 4 x 4) sono solcati da linee disegnate nelle quattro direzioni cardinali e tutte le loro variazioni. L’installazione all’interno dello spazio espositivo è annunciata da un complemento ideale posto nell’aia della Casapeppe: la scultura 1-2-3-2-1 in alluminio bianco testimonia la ricerca del minimalista sui temi della modularità.
«La caratteristica più interessante del cubo è proprio il suo essere relativamente poco interessante. Paragonato a una qualunque altra forma tridimensionale, il cubo manca di aggressività, non implica alcun movimento ed è il meno emotivo. È dunque la forma migliore da usare come unità base per ogni funzione più complessa, l’espediente grammaticale dal quale far procedere il lavoro. Poiché è standardizzato e universalmente riconosciuto, non richiede alcuna intenzionalità da parte dell’osservatore; è immediatamente chiaro che il cubo rappresenta il cubo, una figura geometrica che è incontestabilmente se stessa». Sol Lewitt in Art in America, 1966 [EDITORE?]
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