COLLEZIONE GORI

Dennis Oppenheim

Dennis Oppenheim (Electric City, Washington, 1938 – Manhattan, New York, 2011)

Dennis Oppenheim arriva a Celle insieme ai primi artisti invitati all’inizio degli anni ’80 e sceglie un campo in salita dietro all’anfiteatro all’aperto per realizzare la sua opera. L’area è caratterizzata dalla predominanza di un tappeto erboso che si estende sotto le fronde di un’enorme quercia secolare, posizionata sul bordo del campo aperto. È la maestosa presenza dell’albero a influenzare l’artista anche durante il processo di progettazione. Infatti, le alte torri del suo marchingegno, concepito per lanciare fuochi d’artificio, sono pensate in rapporto alla quercia. La composizione estremamente articolata dell’intervento porta Oppenheim a lavorare a lungo con fabbri locali capaci di reperire e combinare i metalli in tutti i vari formati richiesti. 

L’interesse dell’artista per i macchinari “generatori di esperienze gioiose” ritorna a Celle nella forma di un biglietto di auguri per i 60 anni di Giuliano Gori: il biglietto prende la forma di un grande disegno che raffigura una “ruota automatica per i baci” dove il carosello rotante apre e chiude grandi labbre rosa. Ai lati appare la dedica “Project for Venice, Kisses for Giuliano’s 60th birthday”. Il 20 aprile 2005 si abbatte sul parco il primo grande temporale devastante della nuova era climatica e una tromba d’aria sradica la quercia nel campo di Oppenheim. Quando l’artista vede la documentazione del danno dà istruzioni di lasciare il “monumento-tronco” in terra: esso, ancora oggi, testimonia il forte legame tra la scultura e il luogo e i suoi semi hanno dato vita a quattro giovani querce.
«Oppenheim in Formula Compound (A CombustionChamber) (An Exorcism) sembra resuscitare, sebbene in tre dimensioni, alcuni aspetti del Grande vetro di Duchamp e dà l’impressione di sottintendere che questa grande e lugubre macchina, concepita per fuochi di artificio, segni la fine dell’era dell’industrializzazione e della meccanizzazione. Somigliante a un luna park defunto, la macchina obsoleta di Oppenheim ricorda e funziona in maniera analoga alle sculture commemorative funerarie. E il parco di gambini, così lontano dall’era industriale, per ironia della sorte fa loro da cimitero». Robert Hobbs in Arte ambientale, Umberto Allemandi & C., Torino, p.43.

Opere dell’artista

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